LA FESTA DEGLI "ZINGARI" NELL'ANNO DELLA DESTRA

 

Si sono radunati a migliaia a Saintes-Maries-de-la-Mer, in Camargue, per la festa della Santa patrona “Sarah la Nera”. Ma in un'Europa con i partiti xenofobi più forti, tra i gitani sale la paura. «Confessare la nostra etnia? Impossibile: perderemmo casa e lavoro»


DINGO Perrein ha i capelli ricci tinti di nero, i baffi che arrivano al mento e una passione per le collane d’oro. Vive a Levallois, nella periferia di Parigi, e lavora come meccanico nell’aeroporto Charles de Gaulle. Ai colleghi non ha mai detto di essere un gitano.

«Lo sanno solo i miei amici più cari», sorride. «Ho la cittadinanza francese anche se sono nato a Siviglia. Sarebbe bello poter dire di essere un kalé dell’Andalusia, ma ormai sono abituato a tenere nascoste le mie origini: non ho voglia di crearmi problemi». La finta storia del meccanico con i genitori spagnoli emigrati in Francia dura sempre, tutto l’anno, tranne l’ultima settimana di maggio. Ogni primavera Dingo parte con la famiglia per Saintes-Maries-de-la-Mer, in Camargue, perché il 24 maggio è la festa di “Sara la Nera”, la patrona di tutte le popolazioni Romanès. E le popolazioni Romanès arrivano in pellegrinaggio a migliaia da tutta Europa, a volte addirittura dall’America.

Hotel e campeggi si riempiono settimane prima, le strade lungo il mare si affollano di caravan e camper, falò, chitarre. Le famiglie si riuniscono, si programmano battesimi e proposte di matrimonio. E Saintes-Maries-de-la-Mer diventa, anche se per pochi giorni soltanto, “la capitale des gitans”, “la capitale degli zingari”.

Dingo Perrein

Dingo Perrein

CHI SONO LE POPOLAZIONI ROMANES,  “GLI ZINGARI”

Con il termine “popolazioni Romanès” si intendono quei popoli originari dell’India settentrionale arrivati in Europa intorno al XIV secolo e che in diverse lingue vengono definiti – grossolanamente e con accezione dispregiativa – zingari, zigani, tsiganes, gipsy, gitanos.

Nel mondo le popolazioni romanès sono composte da circa 16 milioni di persone; in Europa sono presenti in tutti gli Stati e costituiscono la minoranza più grande del continente con circa 10-12 milioni di persone. Una popolazione simile a quella della Grecia.

Le popolazioni Romanès comprendono cinque gruppi: i Rom (tendenzialmente in Europa centro e sud orientale); i Sinti (Europa centrale); i Kalè (Spagna), i Manouches (Francia) e i Romanichals (Gran Bretagna). «Ma ci sono migliaia di comunità molto diverse tra loro», spiega il professore Alexian Santino Spinelli, musicista e scrittore, unico docente universitario rom in Italia. «Il mondo romanò è transnazionale e proprio per questo ha infinite sfaccettature con diversità dal punto di vista linguistico e delle tradizioni. Ma Saintes-Maries-de-la-Mer e Santa Sarah sono capaci di unire tutti».

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SANTA SARAH, LA FESTA GITANA PIU’ GRANDE D’EUROPA

Un punto in comune tra le popolazioni romanès è infatti il culto di Santa Sarah, detta “Sara-la-Kali”, “Sara la Nera”. Secondo la leggenda dopo la crocefissione di Cristo le discepole di Gesù Maria Salomè e Maria Jacobè furono abbandonate al largo delle coste della Palestina su una barca senza vele e senza remi.

Le salvò la loro giovane serva egiziana dalla pelle scura, Sarah, che le portò alla foce del Rodano, nel luogo dove sarebbe nata Saintes-Maries-de-la-Mer. La storia di Sara (di cui esistono diverse versioni) è tratta dai Vangeli apocrifi ed è un simbolo per tutte le popolazioni Romanès, che adorano questa umile viandante come fosse una di loro.

Saintes-Maries è così diventata per secoli una meta di pellegrinaggio, finché agli zingari fu vietato di entrare nel santuario. Solo nel 1935 la Chiesa permise loro di portare la statua in processione ogni 24 maggio, rendendo questa data il principale raduno dei gitani d’Europa. Nella processione guidata dai cavalli Sara la Nera sfila per le vie del paese vestita dai mantelli colorati donati dai fedeli, mentre tra canti e urla di giubilo tutti cercano di toccare e baciare la statua. Quando si arriva in spiaggia i devoti si immergono nel mare fino alle ginocchia.

«Un atto di purificazione», spiega il professore Spinelli nel libro “Rom Genti libere”. «Certamente un retaggio della religione induista, la cui tradizione vuole che i fedeli si bagnino nel Gange per purificarsi». Il giorno dopo, il 25 maggio, tocca alla Festa di Maria Salomè e la processione si ripete.

Chochoye, musicista

Chochoye, musicista

«GITANI PER UN GIORNO, NONOSTANTE LE PEN»

Per due giorni le piazze di Saintes-Maries-de-la-Mer si animano con il flamenco e le musiche gitane francesi e spagnole, ritmi balcanici e violini. Ma la festa è anche un’occasione di incontro per i leader delle comunità: e in un momento storico con le destre xenofobe in crescita in Francia e Italia – il Front National di Marin Le Pen è al 25 per cento mentre la Lega Nord di Salvini si aggira intorno al 15 – tra i gitani c’è molta preoccupazione.

«L’aggressività nei nostri confronti è sempre più forte», conferma Payou Baptiste dell’Union Française des association tsiganes. Payou Baptiste è un kalé francese di origine catalana, un omone di 54 anni con una giacca scura e la collana d’oro al collo. Vive ad Alès, a nord della Camargue, e lavora come mediatore tra la sua comunità e le istituzioni.

«Anche se sono gitano ho una casa con un televisore e sono pure su Facebook», scherza ridendo. Ma torna subito serio: «Molti gitani devono nascondere la propria identità perché il Front National dice in televisione che siamo tutti delinquenti e i francesi ci credono. Trovare casa e lavoro e sempre più difficile. Per questo la Festa di Santa Sarah è così importante: perché possiamo mostrarci come siamo veramente, un popolo di cultura cristiana che ama suonare e divertirsi».

Payou Baptiste

Payou Baptiste

ESMERALDA, LA LEADER DELLE DONNE ROMANES IN FRANCIA

Tra i volti più noti della festa a Saintes-Maires-de-la-Mer c’è Esmeralda Romanez, la presidente della Fédération européenne de femme romanès et de voyage. Figlia di un violinista manouche imprigionato nel campo di Dachau durante la seconda guerra mondiale, Esmeralda vive in una roulotte ad Arles – città tra Montpellier e Marsiglia – e combatte da una vita contro le discriminazioni.

«Ci accompagnano ogni giorno della nostra esistenza. Basta guardarsi intorno», esclama allargando le braccia per indicare i tanti negozi chiusi a metà pomeriggio. «Tutti gli anni la stessa storia, anche in un giorno di festa i commercianti non ci vogliono».

Esmeralda collabora con Consiglio d’Europa e l’Unione Europea, cui fornisce i report sulla situazione degli zingari in Francia. «Le popolazioni romanès sono tra le più bisognose di tutte le comunità», spiega Esmeralda.

E il sito istituzionale del Consiglio d’Europa conferma letteralmente le sue parole. «Affrontano ogni giorno discriminazioni e insulti razziali, vivono in estrema povertà e sono esclusi dalla vita normale che agli altri è data per scontata: andare a scuola, visitare il dottore, fare domanda per un lavoro o avere una casa dignitosa». Con Esmeralda c’è Roselita la “Hija del viento”, che ha 11 anni e come lei porta lunghi capelli neri ornati da un fiocco rosso. «Sta con me da quando era piccola ed è rimasta senza genitori. A due anni un poliziotto le puntò una pistola alla testa: sarebbe mai successa una cosa del genere con un bambino d’aspetto francese, spagnolo o italiano?».

Esmeralda Romanez con Roselita

Esmeralda Romanez con Roselita

LA SITUAZIONE IN ITALIA: I DATI DEL 2014

Secondo il rapporto sul 2014 dell’Associazione 21 luglio – una onlus italiana che si occupa della promozione e tutela delle comunità Rom e Sinti – gli “zingari” in Italia sono al massimo 180 mila, lo 0,25 per cento della popolazione. La metà ha la cittadinanza italiana, il 60 per cento ha meno di 18 anni, quarantamila vivono nei campi nomadi.

«E centomila sono di insediamento antico, oltre sei secoli. Sinti al nord, Rom al sud», precisa il professor Santino Spinelli, che si definisce con orgoglio rom abruzzese. «Settantamila rom sono arrivati dalle regioni balcaniche e dalla Romania dopo la caduta di Ceausescu e le guerre in Jugoslavia. Ma solo il 3 per cento è effettivamente nomade. E bisogna ricordare che le popolazioni romanès non sono nomadi per cultura. Il loro spostamento nella storia è dovuto alla persecuzioni che li hanno sempre condannati a lasciare i Paesi dove si fermavano». Dijana Pavlovic, attrice rom nata in Serbia, cittadina italiana e fondatrice della Federazione Rom e Sinti insieme, non ha dubbi. «Negli ultimi mesi in Italia tira una brutta aria». Dijana sta conducendo la campagna “Se mi conosci mi rispetti” per il riconoscimento di rom e sinti come minoranza linguistica. A marzo è salita alla ribalta mediatica dopo la lite su La7 a Piazza Pulita con il leghista Gianluca Buonanno che ha definito i rom “feccia della società”.

Nel frattempo Dijana lancia l’allarme: «Nei campi rom di Milano la gente ha paura: si fanno le ronde di notte per vedere che nessuno entri perché da fuori si sentono le urla “bastardi vi bruceremo tutti, vi lanceremo le molotov”. Pure mio figlio, che è un bambino di 5 anni, una volta mi ha detto di non far sapere in giro che è rom».

«CONFESSARE DI ESSERE ROM? IMPOSSIBILE».

Il problema di essere individuato dalla gente come “zingaro” e quindi “nomade che vive di elemosina o di furti” è una questione che tocca molti. Alla festa di Saintes-Maries-de-la-Mer ci sono rom che arrivano dalla Lombardia e per questo motivo non hanno alcuna intenzione di finire sulla stampa italiana. «Noi rom senza cittadinanza italiana dobbiamo stare molto attenti», spiega Marius, 22 anni, arrivato dai Balcani quando era bambino. «La Lega Nord di Matteo Salvini continua a metterci la gente contro. Per lavorare dobbiamo dire che siamo bosniaci, bulgari o romeni. Almeno così riusciamo a trovare un impiego da muratori, elettricisti o gommisti e vivere in un appartamento. Ma guai a far sapere che sei rom: perdi casa e lavoro.».

La situazione è più serena per chi vive volontariamente in modo errante e riesce a mantenersi con un lavoro autonomo, senza problemi legati all’etnia. Come Chochoye di Arles, che fa il musicista, o Francois, che abita in roulotte al confine con il Belgio e si guadagna da vivere intrecciando ceste di vimini.

Oppure Yann, che a 73 anni gira l’Europa con una carrozza di legno trainata da un cavallo. «Sono olandese ma non so dove sono nato. Di sicuro era in campagna», racconta giocherellando con il cappello da cowboy. «Vivo vendendo queste», e mostra una tartarughina costruita con un guscio di noce e pezzi di pigna. «Mi basta poco per vivere, basta aver da mangiare per me e per il mio cavallo». Chi vive in città e deve combattere ogni giorno con la diffidenza della gente preferisce però il silenzio. George Hoffman, 64 anni, è un signore distinto molto religioso con una folta barba bianca e un borsalino di feltro nero, la passione per la musica e per i cavalli.

«Io abito in una casa ad Aurillac, nella regione dell’Alvernia, ma anche se ho la cittadinanza francese nella mia zona non potrei certo far sapere che sono un manouche. Anzi, non l’ho mai detto a nessuno. Perché io faccio l’imbianchino, entro nei salotti e nelle camere da letto delle persone. Sii sincero: ti faresti mai imbiancare la casa da uno zingaro?».