Un’estate con le mani sporche di terra e le giornate al ritmo del sole. Magari senza telefoni e computer, a mungere le mucche sulle Dolomiti o a curare un uliveto a picco sul mare. Il tutto senza spendere un soldo, con letto e pasti garantiti. Sull’Appennino tosco romagnolo, per esempio, la “Fattoria dell’Autosufficienza” mette a disposizione tende e jurte per chi darà una mano nell’orto. Nelle montagne dell’aquilano si cercano volontari per raccogliere frutti di bosco, mentre un’azienda ai piedi dell’Etna ha bisogno di aiuto per recuperare un campo di avocadi abbandonato. Le opportunità di questo tipo in Italia sono centinaia, da Bolzano sino a Trapani: basta aver voglia di stare all’aria aperta, con la curiosità di riscoprire la vita contadina. E soprattutto, saper dove cercare.
La rete mondiale Wwoof è l’esempio più celebre che mette in contatto volontari e progetti rurali. Wwoof sta per “World wide opportunities on organic farm” ed è un circuito di aziende agricole, masserie e fattorie biologiche che ospitano chi è disposto a condividere il proprio lavoro. In Italia (www.wwoof.it) le strutture ospitanti sono circa 700 e ce n’è per tutti i gusti. In Val d’Aosta, a Cogne, un allevatore offre un posto in un bungalow per chi lo aiuterà ad addestrare i suoi cavalli andalusi. In Val Maira, nel cuneese, la famiglia di Fabrizio e Ivana cerca volontari per pulire i sentieri e tagliare la legna. L’agriturismo Le Bine del mantovano - una cascina in un’oasi del WWF, nel Parco del fiume Oglio – accoglie ospiti per raccogliere la frutta e occuparsi delle smielatura.
«ll bello di fare wwoofing è riassunto nel nostro motto: condividere la quotidianità rurale alla ricerca di stili di vita in armonia con la natura», spiega Claudio Pozzi, presidente di Wwoof Italia. «Ma attenzione a non confonderlo con una vacanza a basso costo o con un modo per avere lavoratori gratis», tiene a precisare. «In queste esperienze non c’entra il denaro. Fare wwoofing è uno scambio in termini umani, un rapporto culturale». Il progetto Wwoof è nato nel 1971 in Inghilterra e grazie a internet si è diffuso velocemente in tutto il mondo. Nel 2014 in Italia hanno fatto wwoofing 5500 persone - per la maggior parte giovani – tra cui 2200 italiani, 1000 americani e 300 inglesi. Wwoof Italia è parte della rete FoWO (www.wwoof.net), la federazione che riunisce le associazioni Wwoof in una sessantina di Paesi del mondo, dalla Germania al Kazakhistan sino all’Uganda e il Guatemala. Wwoofindipendents raggruppa altri 49 Paesi senza l’associazione nazionale, come le Isole Fiji o il Madagascar.
L’associazione Wwoof di ogni Paese offre la lista delle strutture ospitanti con le informazioni necessarie, dal numero di wwoofer accolti sino alle particolarità come pasti vegani e sedute di yoga. Ranuccio e Gilda Turolla vivono a Casa Lamirtia nella calabrese valle del Savuto, dove producono formaggi, allevano piante aromatiche e api. Nel messaggio di presentazione sono chiari: «Siamo onnivori, lavoriamo per l’autosufficienza alimentare ma rifiutiamo i cibi industriali. Nell’azienda non si usano trattori, energia elettrica e gas. Il sole è il nostro orologio biologico». Ovviamente anche il tipo di lavoro rispecchia la geografia dell’Italia: in Sicilia c’è da sbizzarrirsi con i lavori negli agrumeti, in provincia di Siracusa si possono coltivare mandorle e carrube, a Trapani il sesamo, vicino a Ragusa i capperi. In Sardegna sono numerose le aziende che cercano pastori in cambio di alloggi in tenda tra gli alberi di mirto.
Luca Pierantoni, genovese di 28 anni e grande viaggiatore, lavora come manager in un’azienda agricola di Capalbio ed è stato wwoofer due volte. In Toscana si è dedicato all’agricoltura sinergica e alla produzione di conserve con il Centro Geminas, (ora in Umbria), mentre in Giappone ha lavorato in una fattoria. «E’ uno splendido modo per viaggiare ma soprattutto per imparare», racconta entusiasta. «All’estero è un’occasione unica per scoprire il tipo di vita genuino del paese perché si passano le giornate con la gente del posto. Quest’estate infatti progetto di replicare, probabilmente in Corea del Sud».
(anche su Repubblica.it)