E’ entrato a Kobane grazie a un trafficante di uomini e ad alcune centinaia di dollari. Dal 6 al 12 dicembre è stato nella città siriana al confine con la Turchia, simbolo della resistenza curda contro l’avanzata dell’Isis. Il reporter free lance Ivan Compasso “Grozny”, 42 anni, è uno dei pochi giornalisti ad aver sorpassato il filo spinato della frontiera. Dopo il reportage per Repubblica-Le Inchieste (e la liberazione di Kobane) ora racconta la sua esperienza in giro per l’Italia tra scuole, associazioni e programmi televisivi.
Negli incontri Ivan mostra con foto e video una città in guerra che a fine estate aveva centomila abitanti e si è ridotta a un fantasma con seimila civili e mille bambini. Nei sette giorni in cui era a Kobane i colpi di mortaio non si sono mai fermati e hanno perso la vita tre bimbi, un anziano e un combattente. «Il cibo scarseggiava e gli ospedali sono stati distrutti – ha raccontato Ivan Grozny al Centro Sociale Zapata di Genova – Ma la popolazione ha cercato di vivere normalmente, convinta di poter respingere l'Isis».
Ivan Grozny è stato con i guerriglieri curdi dell'Ypg (la milizia di difesa popolare) e le guerrigliere dell'Ypj. Molte donne hanno fatto da cecchini e sono state il terrore dei miliziani integralisti islamici, convinti che essere uccisi da una di loro non li farà andare in paradiso perché vittime di un "essere inferiore". «Con l’avanzata del Califfato le donne vengono violentate e le più belle vendute come schiave. Davanti a una prospettiva del genere preferiscono imbracciare le armi: il pacifismo è un lusso che non si possono permettere».
Il tiratore scelto migliore di Kobane, intervistato nel videoreportage, era una bella ragazza bruna di 19 anni. «Ma è stata un’eccezione, perché chi ha meno di 21 anni stava nelle retrovie. I giovani organizzavano i pasti e facevano da staffetta: sono loro il futuro, ed è per loro che gli adulti resistono». I kalashnikov e gli Ak-47 che usano i guerriglieri curdi sono stati sottratti ai nemici catturati o uccisi: prendendo loro i documenti hanno scoperto che tra le milizie del Califfato ci sono ragazzi belgi, inglesi, francesi. «Hanno trovato anche un forziere di stimolanti, amfetamine e Viagra usati per gli assalti e gli stupri».
Negli incontri con Ivan Grozny si parla anche di Rojava, la regione senza confini nel nord della Siria che ha fermato l’avanzata militare dell’Isis, e di Rojava Calling, il gruppo di associazioni, collettivi, centri sociali e singoli che organizza atti di solidarietà sul campo per il popolo curdo.
Il Rojava è infatti un territorio dove si sperimenta una democrazia basata sul centralismo della donna, l’autodifesa e la redistribuzione della ricchezza. «Quando sono stato a Kobane non c'era più denaro, ma tanto non sarebbe servito perché quel poco che era rimasto si divideva». I curdi hanno infatti risposto alla guerra con l'autorganizzazione e la cooperazione. In città si è garantito un servizio di distribuzione di acqua e pane, l'erogazione dell’energia elettrica e persino la raccolta dei rifiuti.
I prossimi appuntamenti con Ivan Grozny sono a Cittadella (Padova) l'8 aprile; a Cosenza il 24 aprile e a Verbania il 30 aprile.
Per chi volesse un'anticipazione, ecco il suo video-reportage.
(anche su Repubblica.it)