TRANSUMANZA, L'ULTIMO SOPRAVVISSUTO
In viaggio con mille pecore, 40 mucche e un toro. Il gregge percorre più di 65 chilometri camminando per 27 ore. Aldo Lo Manto possiede il gregge più importante della Liguria: «Mio padre mi ha tramandato la passione, quasi una missione»
E’ partita all’alba tra i campi di ulivi, annunciata da belati, muggiti e un concerto di campanelli. Dopo due giorni di cammino – lungo strade asfaltate, boschi e sentieri alpini - si è fermata su un prato a duemila metri, casa di marmotte e qualche lupo, ora villeggiatura di pecore e mucche. Fine giugno: per i pastori è tempo di transumanza, lo spostamento del bestiame dai pascoli invernali agli alpeggi.
E così fa Aldo Lo Manto, 50 anni, proprietario dell’azienda agricola “I formaggi del boschetto”, presidio Slow food per la toma di pecora brisasca. Proprio lui, che possiede il gregge più grosso della Liguria - e salva da solo la pecora brisasca dall’estinzione - è l’unico della regione a fare la transumanza interamente a piedi. Un serpentone di mille pecore, 40 mucche e un toro da otto quintali, cinque cavalli, cinque cani per difendere e guidare le bestie. “Sono arrivato dalla Sicilia da bambino, con mio padre pastore e un gregge sul vagone del treno”, racconta Aldo Lo Manto. “Faccio la transumanza da 34 anni, mio padre mi ha tramandato questa passione. Ma più che passione, io la vivo come una missione”.
San Bernardo di Conio
Quest’anno la transumanza era aperta al pubblico, 15 escursionisti si sono uniti ai pastori. Due giorni di viaggio, 27 ore di cammino e 2000 metri di dislivello, 65 chilometri di strade millenarie lungo la “via del sale” e la “via marenca”.
La transumanza è partita venerdì all’alba dalla piana di Albenga, prima del tramonto era già a 1000 metri, a San Bernardo di Conio. Il paese l’ha festeggiata con una sagra di piatti della tradizione pastorale: carpasina, sugeli col brussu, brodo, capra, fagioli. All’alba del secondo giorno i cani hanno radunato il gregge sul prato, un’isoletta in mezzo a un lago di nubi, e la transumanza è ripartita.
Addentrandosi nel bosco di Rezzo, il faggeto più grande della Liguria, è sbucata al passo della Mezzaluna, a 1454 metri d’altezza. Per alcune ore ha tagliato di costa i monti tra campanule viola, aquile e banchi di nebbia. Dalla Madonna del Frontè, a 2153 metri, ha cominciato la discesa lungo i prati coperti dai rododendri in fiore.
Giusto in tempo per arrivare al tramonto alle Navette, nella fascia pornassina, montare le tende e cenare come i pecorai liguri di una volta, con frittata di ortiche e spinaci selvatici, pecora bollita, il brodo del suo grasso per scaldare la notte; e vedere nel falò la meraviglia di un viaggio che da millenni accomuna i popoli del mondo – dal Nepal, alla Tanzania, all’Argentina - mentre da noi è tradizione distante, quasi letteraria, quasi dimenticata.
E scoprire così che la vita del pastore non è quella del Titiro di Virgilio che zufola sotto l’ampio faggio, ma è la schiena china tra le mosche e il letame, la fronte cotta dal sole, la fatica di accudire le bestie perché bruchino l’erba buona e vivano libere sui prati.
Una fatica epica, che ormai in Liguria, tranne Aldo Lo Manto, non sopporta più nessuno. Ma che lui fa per amore verso i propri animali e per il proprio lavoro, per continuare il sogno cominciato una notte di tanti anni fa su un treno pieno di pecore. Regalando al presente le tradizioni degli antenati e un pezzo di Liguria che incanta quando si svela, ma che nel silenzio, anno dopo anno, rischia di diventare storia.