Alla fine degli anni Novanta - dopo aver raccontato migrazioni umane senza precedenti, fughe da guerre e disastri naturali - il fotografo Sebastião Salgado aveva perso la fiducia nell’umanità. Ritornato a vivere in Brasile nella fazenda di famiglia, un paradiso che la deforestazione aveva lasciato senza vita, con la moglie Lélia ha cominciato ripiantare gli alberi. Migliaia di alberi. In poco tempo sono ricomparsi gli uccelli, i fiori, le farfalle. Ed è nata l’idea di un nuovo progetto: raccontare, per la prima volta, la bellezza del pianeta. Tornare al tempo delle eruzioni vulcaniche e dei terremoti che hanno modellato la Terra; agli animali selvaggi, alle tribù con uno stile di vita immutato da secoli. Un progetto monumentale, che rimandasse alla creazione, all’aria, all’acqua, al fuoco da cui è nata la vita. Decisero di chiamarlo Genesi.
La mostra di Sebastião Salgado, il più grande fotografo documentarista del nostro tempo, arriva a Genova sabato 27 febbraio. Oltre duecento fotografie, che con un proverbiale - e meraviglioso - bianco e nero - spaziano dalle foreste tropicali dell’Amazzonia e del Congo ai ghiacciai dell’Antartide; dalla taiga dell’Alaska ai deserti dell’Africa sino alle montagne di Cile e Siberia. Finanziato da numerosi sostenitori privati- e anche grazie ad accordi con testate come Rolling Stones, The Guardian e Repubblica - dal 2004, per otto anni, Sebastião Salgado ha fatto 32 viaggi nei più remoti angoli del globo. Spesso con la moglie Lélia, a volte con il figlio Juliano, quasi sempre con il collega e assistente Jacques Barthélemy.
Sebastião si è spostato a piedi, in barca, su piccoli areoplani, in mongolfiera, con carovane di muli. Ha fotografato vulcani, iceberg, deserti e foreste, sempre scontrandosi con la natura e ilclima di luoghi visitabili in precisi momenti dell’anno: il Polo sud ha temperature accessibili solo di estate, il Brasile è spesso vittima delle inondazioni, l’Indonesia ha una breve stagione secca. Genesi è il racconto di questi viaggi, ma è anche un’ode alla bellezza e alla fragilità della Terra. Come ama dire Salgado, «una lettera d’amore per il pianeta». L’approccio non è quello del giornalista e nemmeno dello scienziato, ma il desiderio romantico di esplorare paesaggi e popoli non contaminati dall’uomo moderno. Il mondo di pinguini, balene e leoni marini, dominatoda mandrie di gnu ed elefanti, abitato dagli Indios Zo’è in Amazzonia e dai Korowai in Papua Nuova Guinea.
Genesi vuole far conoscere questa meraviglia, da «proteggere e conservare per le generazioni future», ripete con speranza, Sebastião Salgado. «Perché il 46% del mondo è ancora com’era al momento della creazione». La mostra è prodotta da Civita su progetto di Contrasto e Amazonas Images; sarà visitabile nel Sottoporticato, in piazza Matteotti 9, sino al26 giugno. Orari: lunedì 14 – 19; da martedì a domenica 10 – 19. La biglietteria chiude un’ora prima.