Iraq, l'altra faccia della guerra

Ci sono i ritratti di giovani spose yazide e la storia di un macellaio bambino. Raffinerie di petrolio e vecchi hotel diventati rifugi di fortuna, una scuola improvvisata sulle montagne al confine con l’Iran. Il protagonista è sempre lo stesso, il Kurdistan iracheno con la sua marea di sfollati. «Di solito i fotografi restano in Iraq una o due settimane. Ma non bastano per entrare nell’intimità delle persone: così abbiamo dedicato un anno della nostra vita a questa tragedia umanitaria». Dario Bosio ha 27 anni ed è cresciuto a Vallecrosia, in provincia di Imperia. Per tutto il 2015 ha realizzato Map of Displacement (www.mapofdisplacement.com), una lunga indagine giornalistica sugli iracheni in fuga dall’Isis: il progetto è stato presentato a New York a metà ottobre, poi è toccato a Praga.

Dopo gli studi a Firenze e in Danimarca,  uno stage a Telenord e un tirocinio in Olanda, Dario ha lavorato a Roma come assistente del fotoreporter italiano Franceco Zizola.  A febbraio di quest’anno è volato nel Kurdistan iracheno per raggiungere il fotografo torinese Stefano Carini, su compagno di lavoro nell’agenzia Noor. «Stefano era da qualche mese a Sulaymaniyah», racconta Dario. «Lavorava nell’unica agenzia fotografica dell’Iraq, Metrography, con una missione: trasformarla in un’agenzia internazionale».

Sulaymaniyah, nel Kurdistan iracheno

I due hanno così creato una squadra con i migliori fotografi del Paese, Stefano come editor in chief, Dario come photo editor e project manager. Con loro hanno battuto il Kurdistan alla ricerca di storie. «Spesso la guerra viene affrontata con immagini dal fronte di battaglia», continua Dario. «Noi volevamo invece raccontare gli iracheni displaced. Quelli evacuati, trasferiti, sfollati. Che non sono profughi, perché non hanno cambiato Paese. Ma hanno dovuto abbandonare le loro case e ricostruirsi la vita». E’ un destino che tocca a molti, in Iraq. La guerra contro l’Isis ha sfollato più di un decimo della popolazione e un milione e mezzo di iracheni si è trasferito nella regione autonoma curda. E La forza di Map of Displacement è proprio questa: i fotografi di Metrography sono tutti iracheni e conoscono bene l’argomento, perché  alcuni sono stati sfollati per la guerra con l’Iran e le persecuzioni di Saddam.

Durante il 2015 l’agenzia ha collaborato con le più importanti testate del mondo- dal New York Times al Der Spiegel -  e le dodici storie di Map of Displacement sono state abbinate a opere di giornalisti internazionali.  Il 13 ottobre è arrivata la presentazione negli Usa, a fine mese il progetto è finito su Lens del New York Times.  Nel frattempo Dario Bosio si è iscritto ad Antropologia, a Berlino. «Ci sono tante ragioni per non voler vivere in Iraq», spiega. «Ma continuerò a seguire Metrography, perché il legame con la regione rimarrà. I curdi hanno una cultura millenaria martoriata, che devono raccontare al mondo: nessuno può farlo meglio di loro».

(La Repubblica, 13 novembre 2015)