E’ perfetto per un viaggio di due settimane l’Ecuador, uno dei Paesi più piccoli e festaioli del Sudamerica. Terra di vulcani e piranha incastrata tra la giungla amazzonica e l’Oceano Pacifico, la sua porta d’ingresso per chi lo raggiunge via terra è Tulcan, il punto di confine con la Colombia. Andare in Ecuador è un viaggio pericoloso? Per i colombiani sì, è senza dubbio “muy peligroso”. Ma in fin dei conti per gli ecuadoriani è la Colombia a essere “muy peligrosa”, ed è difficile dar loro torto. In linea di massima non c’è nulla da temere nelle zone di montagna e di campagna, ma bisogna comunque ricordare che nel paese girano molte armi e le aggressioni a scopo di rapina avvengono: per cui in città meglio non sfoggiare cellulari e macchine fotografiche, anelli e oggetti di lusso non necessari.
Il paese, dunque. Otavalo, cittadina ecuadoriana a tre ore di bus dal confine, vanta uno dei principali mercati del Sud America, il mercato dei poncho. Gli indios affollano le vie del centro con cappelli da cowboy e capigliature brune avvolte nelle trecce, vesti di lana variopinta e bebè imbragati sulle spalle. Turisticamente la città mette quasi in ombra la vicina Quito, seconda capitale più alta del mondo con i suoi 2850 metri d’altitudine. Il centro storico coloniale è ben restaurato e piacevole da visitare, ma quando tramonta il sole la città si svuota velocemente e la sensazione di pericolo aumenta.
Una funivia che buca nuvole e inquinamento porta sul vulcano Pichincha (4600 metri sul livello del mare), ben sopra ai prati dei monti invasi dalle favelas. A mezz’ora dalla città c’è “La Mitad del mundo”, una delle attrazioni principali di tutto il Paese. Una riga gialla avverte che lì passa l’Equatore. Ovunque si vada dopo Quito si scende. Per raggiungere l’oceano si vede un Ecuador molto più polveroso, trasandato e povero. In ogni villaggio gli abitanti rincorrono i bus per vendere “pan di jucca” o “agua hielada”. Portoviejo, capoluogo del Manabi, è una città afosa con motociclette impazzite per le strade e fili della luce appoggiati ai pali. Manta, principale porto del paese, ha una miriade di ristoranti sull’Oceano e ben pochi alberghi economici senza tariffa a ore. Meglio la costa a sud, selvaggia e deserta, con chilometri di spiagge e vegetazione bassa. Tra Puerto Cayo, Puerto Lopez e Montanita la scelta per fare baldoria non manca, ma la spiaggia più bella di tutte è senza dubbio Playa de los Frailes, orgoglio nazionale immerso nella natura.
Per gli ecuadoriani è imperdibile una tappa a Guyaquil, la tentacolare, sporca e famigerata Guyaquil. “La Napoli dell’Ecuador”, capoluogo del Guayas e prima città del Paese con i suoi quattro milioni di abitanti. La maggior parte degli ecuadoriani emigrati in Europa arriva proprio da qui, e guarda con nostalgia all’amata metropoli dai grattacieli scintillanti e le guardie private che proteggono i negozi del centro, con suv giapponesiche sorpassano Chevrolet anni ’80 e autobus scassati da milioni di chilometri che sbuffano fumo nero. Una città moderna, frenetica, sovraffollata, circondata da una periferia povera e pericolosa invasa da case di lamiera, spazzatura e cani randagi. Gli abitanti sostengono orgogliosamente che Guayaquil sia bella. Le case colorate del centro storico sono effettivamente graziose, così come i viali di alberi equatoriali che ornano una città resa già maestosa da quel fiume di acqua grigia che l’attraversa, il Guayas. Però se si chiedesse a un milione di persone di pensare a una città bella, a tutti verrebbe in mente qualcosa tipo Siena o Venezia, magari Roma o Istanbul. Certamente non Guyaquil. Che, giusto per la cronaca, nel 2005 vantava 50 rapine a mano armata al giorno (ora però va meglio, pare).
Per trovare il paesaggio più spettacoli del Paese bisogna risalire ad alta quota, tra i pascoli di lama e gli indios che zappano la terra. In mezzo alle montagne a 3900 metri d’altezza si nasconde la “Laguna di Quilotoa”, un lago turchese dai riflessi smeraldo nascosto nel cratere di un vulcano spento. La popolazione quechua che ne abita le pendici e affitta stanze gelide ai turisti racconta sia senza fondo. E’ quasi sicuramente una bugia, ma è bello crederlo.