Perù, "Il Salotto del viaggiatore" alla scoperta degli Inca

Giovedi a Genova il Perù sarà protagonista nel secondo appuntamento del "Salotto del Viaggiatore" del giornalista e scrittore Pietro Tarallo. Si parlerà degli Incas, che qui hanno costruito un impero potente sottomettendo gran parte dell’America Latina. Ma anche della conquista spagnola con le sontuose città coloniali e le chiese sfolgoranti d’oro.

Machu Picchu

Machu Picchu

Il Perù è anche un angolo di Liguria, dove vivono i discendenti di quegli emigranti che, spinti dalla fame e dal desiderio d’avventura, erano arrivati numerosi, verso la fine dell’Ottocento, nel Paese degli Incas, a commerciare con il guano, frutto degli escrementi che gli uccelli depositavano copiosamente sulle isole al largo della costa peruviana e che allora costituiva un prezioso fertilizzante.

Cusco

Cusco

Un racconto con immagini inedite di due filmati proposti dal Tucano Viaggi e Ricerca e da Promperú. Willy Fassio presenta le proposte del Tucano e Karla Mariela Lòpez, consulente del Tucano Perù, racconta alcuni aneddoti e curiosità legati alla sua terra.

Lago Titicaca

Lago Titicaca

Ospiti d’onore: José Alberto Carrión Tejada, ambasciatore del Perù a Genova, Roberto Speciale, presidente della Fondazione Casa America, e un rappresentante di Open Mind Consulting, Ente del Turismo Peruviano Promperú. Carla Peirolero legge alcuni brani dei romanzi di Mario Vargas Llosa. Licett Campos Aguilar e Michael Diaz Corsano, campioni europei di danze folcloriche, danzano la Marinera limeña y norteña, ballo tipico del Perù, indossando gli splendidi costumi tradizionali.

Lago Titicaca

Lago Titicaca

Ci sarà poi un apericena con specialità peruviane preparato dal Laboratorio Gastronomico del Co.Li.Do.Lat, associazione di promozione sociale creata a Genova per dare visibilità alle donne latinoamericane in molteplici ambiti, con particolare riguardo alla tutela delle loro identità culturali.

L'appuntamento è nello store Giglio Bagnara Gallery di Genova (via Roma 8/2). La quota di partecipazione è di 15 Euro, per gli under 25: sconto 50%. Si consiglia la prenotazione al numero 010.5957565.

Armenia, andateci ma non a gennaio.

Volevamo la neve, il freddo, il ghiaccio. E andare a colpo sicuro. Certo, c'era anche il rischio di finire a meno venti in un Paese paralizzato dalle bufere, con i passi montani chiusi e le strade impraticabili. Ma ci siamo andati lo stesso, e ne siamo rimasti entusiasti: anche perché di turisti in Armenia, a inizio gennaio, c'eravamo solo noi. 

In Armenia siamo entrati dalla Georgia, con un pulmino scassato preso nella stazione di Tbilisi. Là c'era il sole e non c'era nemmeno un millimetro di neve. Tutto il contrario dell'Armenia, dove a gennaio il cielo è color ghiaccio e il raro sole è breve e incapace di scaldare. A Yerevan abbiamo deciso di affittare una macchina: l'unica abbordabile era una Lada Niva che sembrava prodotta negli anni Settanta, e invece era del 2009.

Noravank

Noravank

Abbiamo passato tanti bei momenti insieme. Tipo quando abbiamo oltrepassato il passo di Vorotan, a 2344 metri sul livello del mare. È stata una giornata memorabile: eravamo così contenti che abbiamo fatto anche un video.

Al ritorno invece abbiamo avuto il coraggio di fare solo una foto.

Vorotan Pass, 2344 metri.

Vorotan Pass, 2344 metri.

Anche perché tutto quello che era successo tra il passo di Vorotan e Goris - nel sud dell'Armenia per intenderci, lungo la strada che porta in Iran - ci aveva duramente provato. Sulla guida c'era scritto: "Fare attenzione con l'altopiano di Sisian, perché è un posto così freddo, ventoso e poco soleggiato che la neve rimane sino ad aprile". E infatti ci siamo detti: "E come sarà a gennaio?". Beh, accogliente.

Altopiano Sisian

Altopiano Sisian

Altopiano Sisian

Altopiano Sisian

Dopo aver oltrepassato il Passo di Vorotan la bufera di neve si è finalmente placata, ma è cominciata la discesa: esperienza terribile, perché eravamo parecchio sotto zero ed era tutto ghiacciato.

Oltrepassato il passo di Vorotan

Oltrepassato il passo di Vorotan

Per fortuna i primi giorni di viaggio eravamo rimasti più a nord. 
Dove avevamo trovato bel tempo.

(L'Huffington Post, 3 febbraio 2016)

Lima, Singapore, Bangkok: i quartieri dei cani ricchi

E' una passione smisurata. Più della cucina, dei monumenti e degli artisti di strada. In cima ai miei desideri ci sono loro: i cani ricchi. 

I cani con le scarpe e con il cappottino. Ma sopratutto, i cani con il cappello.
Ecco i tre più fashion che ho fotografato.

Il terzo in classifica è un micromodello con i peli a ciuffi, pescato all'alba Singapore in compagnia della sua padrona, molto molto (molto) meno elegante dell'animale. Per dire: il cane aveva le scarpe, lei no. 

Singapore

Singapore

Il secondo in classifica era a Bangkok in un prato sul Chao Praya, il grande fiume che attraversa la megalopoli thailandese.

Il cane, piuttosto magrino, era apparantemente da solo, a fare jogging con tanto di canottiera e All Star rosa

Bangkok

Bangkok

Il vincitore assoluto è in Sudamerica a Lima, nel quartiere di Miraflores, sull'Oceano Pacifico. Il nobile animale era in compagnia del suo padrone, un energumeno palestrato orgogliosissimo del suo cagnetto con cappottino viola e cappello di paglia. 

Lima, quartiere Miraflores

Lima, quartiere Miraflores


Kobane, il giro d'Italia del reporter che ha raccontato l'assedio

E’ entrato a Kobane grazie a un trafficante di uomini e ad alcune centinaia di dollari. Dal 6 al 12 dicembre è stato nella città siriana al confine con la Turchia, simbolo della resistenza curda contro l’avanzata dell’Isis. Il reporter free lance Ivan Compasso “Grozny”, 42 anni, è uno dei pochi giornalisti ad aver sorpassato il filo spinato della frontiera. Dopo il reportage per Repubblica-Le Inchieste (e la liberazione di Kobane) ora racconta la sua esperienza in giro per l’Italia tra scuole, associazioni e programmi televisivi.

Kobane. Foto di Ivan "Grozny" Compasso

Kobane. Foto di Ivan "Grozny" Compasso

Negli incontri Ivan mostra con foto e video una città in guerra che a fine estate aveva centomila abitanti e si è ridotta a un fantasma con seimila civili e mille bambini. Nei sette giorni in cui era a Kobane i colpi di mortaio non si sono mai fermati e hanno perso la vita tre bimbi, un anziano e un combattente. «Il cibo scarseggiava e gli ospedali sono stati distrutti – ha raccontato Ivan Grozny al Centro Sociale Zapata di Genova – Ma la popolazione ha cercato di vivere normalmente, convinta di poter respingere l'Isis».

Kobane. Foto di Ivan "Grozny" Compasso

Kobane. Foto di Ivan "Grozny" Compasso

Ivan Grozny è stato con i guerriglieri curdi dell'Ypg (la milizia di difesa popolare)  e le guerrigliere dell'Ypj. Molte donne hanno fatto da cecchini e sono state il terrore dei miliziani integralisti islamici, convinti che essere uccisi da una di loro non li farà andare in paradiso perché vittime di un "essere inferiore". «Con l’avanzata del Califfato le donne vengono violentate e le più belle vendute come schiave. Davanti a una prospettiva del genere preferiscono imbracciare le armi: il pacifismo è un lusso che non si possono permettere».

Kobane. Foto di Ivan "Grozny" Compasso

Kobane. Foto di Ivan "Grozny" Compasso

Il tiratore scelto migliore di Kobane, intervistato nel videoreportage, era una bella ragazza bruna di 19 anni. «Ma è stata un’eccezione, perché chi ha meno di 21 anni stava nelle retrovie. I giovani organizzavano i pasti e facevano da staffetta: sono loro il futuro, ed è per loro che gli adulti resistono». I kalashnikov e gli Ak-47 che usano i guerriglieri curdi sono stati sottratti ai nemici catturati o uccisi: prendendo loro i documenti hanno scoperto che tra le milizie del Califfato ci sono ragazzi belgi, inglesi, francesi. «Hanno trovato anche un forziere di stimolanti, amfetamine e Viagra usati per gli assalti e gli stupri».

Kobane. Foto di Ivan "Grozny" Compasso 

Kobane. Foto di Ivan "Grozny" Compasso 

Negli incontri con Ivan Grozny si parla anche di Rojava, la regione senza confini nel nord della Siria che ha fermato l’avanzata militare dell’Isis, e di Rojava Calling, il gruppo di associazioni, collettivi, centri sociali e singoli che organizza atti di solidarietà sul campo per il popolo curdo.

Il Rojava è infatti un territorio dove si sperimenta una democrazia basata sul centralismo della donna, l’autodifesa e la redistribuzione della ricchezza. «Quando sono stato a Kobane non c'era più denaro, ma tanto non sarebbe servito perché quel poco che era rimasto si divideva». I curdi hanno infatti risposto alla guerra con l'autorganizzazione e la cooperazione. In città si è garantito un servizio di distribuzione di acqua e pane, l'erogazione dell’energia elettrica e persino la raccolta dei rifiuti. 

I prossimi appuntamenti con Ivan Grozny sono a Cittadella (Padova) l'8 aprile; a Cosenza il 24 aprile e a Verbania il 30 aprile.

Per chi volesse un'anticipazione, ecco il suo video-reportage.

(anche su Repubblica.it)

Il Cairo, "Bulaq". Tra le rovine di una rivoluzione incompiuta

ll 25 gennaio 2011 migliaia di egiziani si radunarono in piazza Tahrir, innescando la rivoluzione che ha portato alla caduta del dittatore Hosni Mubarak. La gente di Bulaq Abu el-Ela, un quartiere popolare a poche centinaia di metri dalla piazza, prese parte alla rivolta. 

Bulaq è un quartiere del Cairo vittima di sfratti e demolizioni. Attraverso le voci dei suoi abitanti, il documentario "Bulaq" -  diretto dai romani Fabio Lucchini e Davide Morandini, con la splendida fotografia di Matteo Keffer - ritrae la loro lotta collettiva contro lo spostamento forzato ai bordi della megalopoli.

Bulaq è stato premiato come miglior reportage al Festival Pillole di attualità 2011 ed è stato in concorso al 22º Festival del cinema africano, d'Asia e America Latina di Milano 2012. Il film è stato inoltre selezionato dal 24º International Documentary Film Festival Amsterdam nel 2012 e dal Festival international du film des droits de l'homme di Parigi nel 2013.


Etiopia, la città sostenibile dell'architetto di Genova

da una storia di Adriano Valerio Marzi

Tra la polvere e gli asini del villaggio di Ropi, in Etiopia centrale, ci sono un’aula computer e un cineforum. Non arrivano l’acqua corrente e l’asfalto, ma è nato un asilo e la terra rossa è tappezzata da forni solari. L’architetto Lorenzo Fontana, 35 anni, genovese di Castelletto, vive qui da nove anni. A Ropi ha imparato a chiedere alla polvere e ad ascoltare le pulci, a vivere con un ritmo diverso da quello lasciato a Genova. Qui ha portato la sua “buona novella”, lavorando come architetto e cooperante al fianco degli abitanti. 

Foto di Lorenzo Fontana

Foto di Lorenzo Fontana

Era andato in Etiopia a raccogliere materiale per la sua tesi di laurea. A Genova abitava nei vicoli, ma ha deciso di costruire a Ropi la sua casa. Architettura sostenibile, cooperative di lavoratori, programmi culturali: per i suoi progetti si appoggia a università e a Ong internazionali, ma soprattutto alla popolazione locale. «E’ importante l’impronta alla cooperazione – spiega Lorenzo Fontana -  si lavora sempre “insieme” ai beneficiari, non “per” loro».

Ropi. Foto di Lorenzo Fontana

Ropi. Foto di Lorenzo Fontana

Ropi è in una regione martoriata dall’erosione del suolo: gli abitanti tagliano i pochi alberi per fare capanne, carretti e legna da ardere. Senza copertura vegetale la terra si spacca e con le piogge le vene aperte del suolo si spalancano. Ispirato dalle idee degli architetti Hassan Fathy e Fabrizio Caròla, Lorenzo ha diffuso una nuova tecnica costruttiva che prevede l’uso di mattoni in terra cruda al posto del telaio di legno.

Foto di Lorenzo Fontana.

Foto di Lorenzo Fontana.

Nel 2013 ha cominciato a collaborare con il Centro aiuti per l’infanzia, una Ong italiana. «Abbiamo creato un asilo con 65 bambini – continua  – è pensato come un villaggio in miniatura, con una piazza centrale e gli orti. Ogni bambino ha una porzione di terra che deve seminare e curare, e da cui raccoglierà i frutti». Insieme agli studenti universitari che d’estate fanno gli  workshop a Ropi, Lorenzo costruisce nuovi pezzi del villaggio. E' così che sono nati degli uffici e un’aula computer. Sono così partiti corsi di inglese e di informatica per i maestri della scuola pubblica; i contadini hanno imparato a praticare le colture integrate, per ottimizzare il raccolto e ridurre i pesticidi chimici. «Abbiamo anche una biblioteca e un cineforum. Ogni settimana si proiettano film e documentari che mostrano oceani e pesci colorati, megalopoli scintillanti, civiltà dell’altra parte del pianeta».

L'erosione del suolo a Ropi. Foto di Greta Solari

L'erosione del suolo a Ropi. Foto di Greta Solari

Il suo progetto è rendere questi servizi cooperative sociali, da mantenere con i guadagni di cooperative di lavoratori. Nel villaggio stanno nascendo gruppi di elettricisti, fabbri, falegnami, tessitori, panettieri: formano lavoratori qualificati e producono beni che altrimenti dovrebbero essere importati.

Tirocinanti dell'Università di Genova. Foto di Lorenzo Fontana

Tirocinanti dell'Università di Genova. Foto di Lorenzo Fontana

Lorenzo Fontana ha raccolto le sue esperienze in “Lezioni africane”, un libro che sta facendo il giro delle facoltà in Africa e Europa. I suoi workshop accolgono architetti e studenti di tutto il mondo, da Genova, a Cipro, agli Stati Uniti. Con due amici italiani progetta di costruire una fattoria, per produrre spezie e tisane da esportazione. Genova è lontana ma è a Ropi che vede il suo futuro. Tra mattoni di terra cruda e una polvere infuocata dal sole, gli orti, l’aula computer e una piccola biblioteca in mezzo alla savana.

(anche su Repubblica.it, di Marzi-Salvo),
da una storia di Adriano Valerio Marzi per Nigrizia

Uyuni, il cimitero dei treni sul tetto del mondo

Fu costruita quasi per sfida, in mezzo al deserto a quasi 3700 metri d'altezza. Era il 1889 quando il presidente boliviano Aniceto Arce fondò Uyuni, la cittadina ai bordi del Salar. 

Uyuni

Uyuni

Per raggiungerla da La Paz gli autobus impiegano quasi dodici ore, perché dopo Oruro la strada diventa sterrata. Uyuni è una cittadina con tanta polvere e niente asfalto, una sfida contro il deserto, il vento e il gelo. L’unica attrazione è il “cimitero dei treni”, un deposito dove carcasse di locomotive a vapore e vagoni abbandonati da decenni arrugginiscono nella sabbia.

Uyuni, cimitero dei treni

Uyuni, cimitero dei treni

Intendiamoci: il Cementerio de Trenes non vale il viaggio. Negli articoli on line viene pompato come "una delle attrazioni principali della Bolivia", uno "spettacolo post-apocalittico", una "distesa di treni a perdita d'occhio". Falso: i treni sono una manciata. Ma di qua si passa inevitabilmente per andare al Salar de Uyuni e alle Lagune al confine con il Cile, e farsi le foto a cavalcioni della locomotiva è davvero molto divertente!

Uyuni, cimitero dei treni

Uyuni, cimitero dei treni

Uyuni, cimitero dei treni

Uyuni, cimitero dei treni

Uyuni, cimitero dei treni

Uyuni, cimitero dei treni

Genova "Reuse", la plastica (usata) vale un monumento

La regola è solo una: dovrà essere tutto di plastica. Trasparente, colorata, intera o a brandelli, poco importa. Basta che sia usata.  Ecco il concorso “Reuse", la gara artistica di un progetto europeo sul tema dei rifiuti - MED-3R -  cui Comune e Università di Genova partecipano insieme a Francia, Libano, Giordania e Tunisia. «La plastica non è solo un rifiuto, può essere utilizzata anche dal punto di vista creativo», spiega Gianna Caviglia, responsabile del progetto per il Comune. «Vogliamo attirare l’attenzione della città: l’arte è un punto di partenza per parlare di ambiente». 

Rio de Janeiro (foto non di Massimiliano Salvo)

Rio de Janeiro (foto non di Massimiliano Salvo)

Le opere saranno esposte da aprile a ottobre in centro a Genova e saranno "oggetti da vivere, usare, sperimentare e di design pubblico” che dimostrino “alternative sostenibili ai modi di fare correnti”. Insomma, c’è libertà totale.

Reuse. La locandina dello studio Fluido

Reuse. La locandina dello studio Fluido

Qualche idea? Basta fare un giretto on line per scoprire che nel mondo si sono già sbizzarriti.  A Rio De Janeiro, in occasione di una conferenza della Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, cataste di bottiglie di plastica sono diventate le squame di pesci giganteschi arenati sulla spiaggia di Botafogo. Per il Carnevale della lanterna di Hong Kong,  nel 2013, altre migliaia di bottiglie illuminate con dei led hanno dato l’ossatura a una mezza Luna; alla fiera dei fiori di Taipei sono diventate addirittura l’unico materiale di un padiglione espositivo. Ci sono poi artisti più o meno noti che creano veri e propri oggetti di design, come portariviste, tende, mazzi di fiori, bracciali e portafrutta. O fuoriclasse come l’inglese Robert Bradford che trasforma pile di vecchi giocattoli e bottoni in sculture di animali, divinità o essere umani.

Opera di Robert Bradford

Opera di Robert Bradford

Rio de Janeiro (foto non di Massimiliano Salvo)

Rio de Janeiro (foto non di Massimiliano Salvo)

(anche su Repubblica.it)